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Il lavoro del traduttore oggi: perché diffidare del correttore automatico
La qualità di una traduzione passa dai dettagli, ovvero dalla padronanza della terminologia all’interno del settore di riferimento e da quella che potremmo definire “perfezione del manoscritto” anche a livello di refusi, errori di battitura o di qualsiasi altra natura.
Oggi sono diverse le tecniche e gli strumenti che un traduttore ha a disposizione per conseguire un lavoro preciso e accurato: il correttore automatico è indubbiamente tra questi, a patto di essere utilizzato in maniera adeguata.
Questo vale anche nel caso dei messaggi scambiati tramite mail e dispositivi mobili, dal momento che si tratta di una soluzione presente sia nei programmi di scrittura che nei più moderni canali della comunicazione. Se il correttore automatico non viene adoperato nel modo opportuno può generare più d’una incomprensione, influendo negativamente su quanto approntato dal professionista.
Correttore automatico: una panoramica dalle origini ai giorni nostri
Il lavoro di traduttori e interpreti si basa sul perfetto connubio tra vocazione e formazione: entrambe è importante che vengano alimentate nel corso degli anni, a fronte di un aggiornamento costante sulle tecniche e gli strumenti moderni. Ciò riguarda necessariamente anche quanto ruota intorno al correttore automatico, introdotto per la prima volta da Microsoft nel 1993 in uno dei suoi programmi di maggiore successo, ovvero Word.
Agli inizi, tale funzione aveva la capacità di individuare, mostrare e persino correggere gli errori di battitura, confrontando i termini adoperati con una lista dei refusi compiuti più frequentemente da parte degli utenti.
Per la precisione, i presupposti dell’introduzione del correttore automatico risalgono agli anni Sessanta, anno in cui l’informatico americano Warren Teitelman ha da un lato inventato il tasto “undo” e dall’altro ha posto i fondamenti del metodo di calcolo DWIN, ovvero “Do What I Mean”: è stato lui a sviluppare per primo il concetto per cui i dispositivi non si dovessero limitare a soddisfare determinati input degli esseri umani quanto piuttosto relazionarsi in maniera proattiva con essi.
Nel corso degli ultimi decenni i programmi adottati – da Microsoft e non solo – per la correzione automatica sono stati oggetto di costanti investimenti e migliorie, diventando sempre più sofisticati, adattandosi di pari passo alle evoluzioni che hanno contraddistinto i moderni dispositivi mobile.
L’estensione del correttore automatico da Word ai cellulari è avvenuta nel 1995, anno in cui è stato lanciato per la prima volta quello conosciuto come T9: una soluzione che suggerisce già durante la digitazione delle parole alcuni termini sostitutivi, semplificando e ottimizzando tale operazione.
Correttore automatico: l’utilità per chi lavora come traduttore
Il correttore automatico è indubbiamente uno strumento da non sottovalutare nella trascrizione dei testi e più in generale nel lavoro di un traduttore, in quanto presenta un’utilità concreta nella fase di revisione delle bozze.
Ciò vale ancora di più in quei contesti in cui è assente un revisore professionista: una figura che presso diverse case editrici, agenzie di marketing e redazioni sta letteralmente scomparendo, con tutte le conseguenze del caso.
Una considerazione è, infatti, d’obbligo: è praticamente impossibile per una persona autocorreggersi al 100% quando fa un lavoro di redazione testuale; questo vale per gli scrittori così come per i traduttori. Attenzione però: ciò non vuol dire che non esistano delle tecniche efficaci per presentare un testo il più possibile impeccabile – è piuttosto vero il contrario – e l’uso del correttore automatico rientra indubbiamente tra queste. A patto però di non sottovalutarne i limiti.
I limiti di un correttore automatico
Il correttore automatico, non diversamente dall’Intelligenza Artificiale, è un software: non ragiona come la mente di una persona, agisce, appunto, in maniera automatica, sulla base di impostazioni definite a priori. Se ci si affida a occhi chiusi ai suoi suggerimenti, e può capitare già in fase di digitazione e/o dettatura, è facile commettere degli errori.
Sì, ma che tipi di errori? In primo luogo si tratta di refusi legati alla punteggiatura, all’uso dei tempi verbali, oltre a errori inerenti ortografia e concordanza. Alcune di queste mancanze sono piuttosto gravi: ad esempio, il programma di scrittura con cui è stato scritto questo articolo, ha un correttore automatico che suggerisce spesso di cambiare “qual è” (forma corretta) in “qual’è” (che non segnala pertanto nemmeno come forma inesatta).
A “portare sulla cattiva strada” non è solo il tool di Word, ma anche quello presente sui dispositivi mobile: provate a relazionarvi con il correttore automatico di un iPhone o di WhatsApp nella versione Android per avere un’idea.
Perché diffidare dei correttori automatici nella traduzione, quindi?
La scelta di un traduttore dovrebbe essere sempre fatta alla luce delle caratteristiche che presenta un determinato progetto: a seconda che l’ambito di riferimento sia il settore agroalimentare oppure il contesto legale, per fare degli esempi. Spesso, infatti, non basta che il professionista padroneggi alla perfezione un determinato idioma; è necessario che possegga competenze ancora più specifiche.
Diversamente, è facile che il testo presenti degli errori dovuti anche e proprio a un uso scorretto del correttore automatico, il quale potrebbe portare il professionista a commettere imprecisioni di varia natura.
La maggior parte dei traduttori AMI sono membri dell’Associazione Italiana Traduttori e Interpreti (AITI), la più importante organizzazione del settore su scala nazionale: gli standard sono rigorosi, a fronte di spiccate competenze per quanto concerne le nuove tecnologie, inclusi i correttori automatici.
Sei alla ricerca di un traduttore esperto e competente? Rivolgiti alla nostra associazione di traduttori e interpreti a Milano: contattaci al numero 02 86 45 04 62 o alla mail ami@milanointerpreti.net
Immagine di freepik
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